L’architettura della natura

I giardini della Corea


Gli artisti dell’Estremo Oriente si ispirano direttamente alla natura, rendendola protagonista assoluta delle loro opere. Le figure umane delle pitture cinesi, coreane e giapponesi sono sempre apparizioni veloci, appena distinguibili, sciolte nell’atmosfera opaca delle valli e delle montagne. Gli artisti d’Oriente sanno che l’uomo non domina né subisce la natura, ma è parte di essa. L’uomo è solo una pennellata di colore diverso nella natura dipinta. Questo concetto, comune alle principali religioni orientali, Taosimo, Buddhismo, Confucianesimo e Shintoismo, è incarnato in assoluto nel giardino orientale. In Cina, in Corea, in Giappone, i giardini sono molto più di un luogo; si può dire che essi siano la visione di un’idea nata dal sentimento della natura. Gli studiosi occidentali hanno analizzato i giardini d’Oriente attribuendo complesse visioni filosofiche alla distribuzione delle loro piante, delle pietre, dei laghi. Così facendo hanno in realtà caricato l’arte orientale di una pesantezza di stile “occidentale” che non ha mai avuto.
Alla celebrità dei giardini di Cina e Giappone, Suzhou e Kyoto soprattutto, si contrappone la sconosciuta bellezza dei giardini della Corea. I modelli dei primi giardini coreani possono riconoscersi in quelli della Cina. Tuttavia, come è avvenuto in generale per le altre forme d’arte, il modello cinese è stato reinterpretato dalla sensibilità degli artisti coreani. Nei giardini della Corea l’intervento dell’uomo è minimo, si limita quasi solo alla scelta del luogo verde. Gli elementi architettonici al suo interno, padiglioni e ponti, sono inseriti vivamente nella natura, tanto da fondersi con le piante e le acque dei laghi o dei fiumi. In questa unione totale tra strutture della natura e dell’architettura può leggersi la peculiarità dei giardini della Corea.
Il giardino coreano ha una storia antichissima che risale all’epoca dei Tre Regni (57 a.C.–668 d. C.). Anche se di queste strutture non è rimasto quasi niente, cancellato dal camminare degli anni, nel Samguk Sagi (삼국사기, 三國史記 “Cronache dei Tre Regni”, completato nel 1145) compilato da Kim Bu-sik (김부식, 金富軾,1075–1151), leggiamo numerose testimonianze sulla presenza di giardini, soprattutto nell’ambito dei palazzi reali. Il primo giardino di cui abbiamo notizia è quello del palazzo di re Dong-myeong (37 a.C. – 19 a.C); nel sesto anno del suo regno vi apparve all’improvviso una colonia di bellissimi pavoni. Anche nel cortile fiorito del palazzo di re Jangsu (413 - 491), nel secondo anno del suo regno, degli uccelli accorsero in stormi numerosi.
Il primo giardino di cui sia rimasta traccia visibile è il Gungnamji (궁남지, “Stagno a sud del palazzo”) nel parco Seodong (서동공원) a Buye
o, costruito nel trentacinquesimo anno di re Mu (600–641), sovrano del regno di Baekje. E’ uno stagno artificiale con al centro un’ isola con padiglione collegata da un ponte alla terra. L’isola prendeva il nome dal Monte Wutai (五台山, "Montagna dei cinque altopiani") nello Shanxi in Cina, dimora degli immortali taoisti e una delle Quattro Montagne Sacre cinesi. Le rive del laghetto erano coperte di salici, albero simbolo della delicatezza e della bellezza femminile. Sulle acque d’incanto del lago le dame di corte ballavano e cantavano sul Yongseon, una barca a forma di drago; anche oggi, nel silenzio che il tempo ha calato sullo stagno, sembra di sentirne le voci. Il Samguk Sagi ricorda che, all’epoca del re del regno di Silla Cheomhae Isaegum (247-267), un drago apparve nella parte orientale dello stagno del suo palazzo imperiale e in quell’occasione i salici crebbero da soli senza che nessuno li avesse piantati.
Il più grande e famoso giardino del regno di Silla è quello di Anapji (안압지, "Lago dell'oca e dell'anatra") a Gyeongju, costruito durante il regno di re Munmu (661-681). Nel 1974-75, una campagna di scavo ha riportato alla luce lo stagno e restaurato le tre isole con i padiglioni. Lo stagno era pavimentato a ciottoli per rendere l’acqua più limpida e nel giardino c’erano meravigliosi fiori come orchidee, peonie, azalee e piante di loto. Numerosi animali vivevano liberi nel parco, pavoni, cigni, cervi. Vicino al giardino di Anapji sorgeva, sempre a Gyeongju, il Poseokjeong (포석정, "Padiglione dell'orecchia di mare di pietra"). Di questo giardino, verde di boschi di bambù, di zelkova e di pini, è stata restaurata solo una piccola parte. Poseokjeong prende il nome dalla forma del canale artificiale in granito che imita le volute della conchiglia “orecchia di mare”. In questo torrente artificiale scorrevano le acque limpide di un fiume della valle del monte Namsan di Gyeongju (남산, “Monte del sud”), che erano immesse nel giardino dalla bocca di una tartaruga di pietra. Durante i banchetti, la corte usava riunirsi lungo le curve rive del canale, nel cui letto scorreva vino. Parlando e recitando poesie, letterati, cortigiani e concubine trascorrevano le ore più calde
al fresco dell’ombra degli alberi di zelkova. In questo giardino il dio Namsan danzò durante una festa di re Heong-gang Wang inventando la danza eomu sansinmu (“balli di re, balli di dei”). In seguito, la triste profezia si avverò: l’ultimo regnante della dinastia Silla, re Gyeong-ae Wang, fu ucciso da Gyeonhwon a Poseokjeong durante una festa.
I giardini dell’epoca Koryo (918-1392) erano rinomati per lo sfarzo che li vestiva: re Uijong, nel 1157, fece costruire nel suo palazzo reale un padiglione dal tetto di ceramica blu-verde pisaek (비색). Si voleva unire alla natura dei giardini l’arte per eccellenza della Corea dell’epoca: la ceramica.
Ma la piena fioritura del giardino coreano è nell’epoca dinastia Yi (1392-1910). In questi anni fu costruito il giardino forse più bello di tutta la Corea: lo Huwon (後苑, "Giardino posteriore” chiamato anche "Giardino segreto", più conosciuto con la pronuncia giapponese Biwon) del palazzo reale Changdeokgung a Seoul, costruito tra il 1405 e il 1412, dal 1996 nella lista dei monumenti UNESCO. Di tutte le strutture del parco colpisce soprattutto il Buyongjeong (부용정, "Padiglione del Loto galleggiante"), la piccola sala dove si commemorava la fine degli studi degli allievi della immensa biblioteca reale. La particolarità del padiglione sta nel lato sorretto da due pilastri sulla superficie dello stagno. L’architettura non è mai stata così legata alla natura, tanto da formare un unico elemento. Se si guarda il Buyongjeong dallo stagno, si ha l’impressione che sia un grande fiore di loto emerso dalle acque e si perde la concezione del padiglione come opera costruita dall’uomo. Questo tipo di costruzione richiama il simbolo buddhista del fiore di loto che sboccia dal fango ed è presente in altre architetture dell'Estremo Oriente. Nel Buyongjeong si realizza
completamente quella unione profonda di natura e arte che in Corea più di altrove in Oriente è la sostanza della produzione artistica. Stupendo in ogni stagione, con la neve, con la nebbia, con il sole o con le foglie rosse d’autunno, il Buyongjeong è un luogo dove il silenzio parla all’ essere umano e si può udire il respiro degli alberi e dell’acqua.
La stessa emozione, ma nello spazio più aperto di una piccola isola collegata da un ponte alla terra, si prova nel giardino segreto del palazzo Gyeongbokgung davanti al padiglione esagonale chiamato Hyangwonjeong (향원정, “Padiglione della Fragranza che arriva da lontano”), costruito nel 1873 dal re Gojong. Le forme del padiglione si accordano con la riva dell’isola e si fondono con i colori degli alberi circostanti. L’accostamento tra padiglione e stagno a legare terra e acqua, nell’ottica naturale del taoismo, ritorna nel giardino di Seongyojang (선교장, “Palazzo del Ponte Traghetto”), così chiamato perché costruito di fronte al lago Gyeongpo e per raggiungerlo bisognava usare una piccola imbarcazione. Nello stagno quadrato, il padiglione Hwallaejeong (활래정) usato come eremo si confonde con le foglie di loto che emergono dalle acque; il modello è il Buyongjeong, anche se le forme sono diverse, qui rettangolari, lì circolari.
La bellezza misteriosa dei giardini coreani è stata introdotta anche in Occidente: in Francia, a Nantes, c’è La colline de Suncheon, parco tradizionale coreano inaugurato nel 2006 in occasione delle celebrazioni dei 120 anni di relazioni diplomatiche tra Corea e Francia. Altri giardini coreani sono a Berlino, Francoforte, Vancouver e Los Angeles.
I giardini della Corea, fatti di silenzi e colori, di piante e di acqua, di fiori e animali, celano l’idea della natura come costruzione d’arte basata sull’ombra e sull’asimmetria. Perfezione che nasce dall’armonia casuale degli elementi. Anche nel nostro tempo di cemento i giardini di Corea ci restituiscono una dimensione di appartenenza alla musica della natura. Una musica che, distratti ogni giorno dai clacson delle città, è sempre più difficile ascoltare.
Floriano Terrano

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