Le nuove stagioni della Corea

Mostra di pittori
contemporanei coreani


Tradizione e innovazione: l’arte d’Oriente è stretta tra questi due stati d’animo così nella scultura come nella pittura, nell’architettura, nel cinema, persino nella letteratura e nella musica. Questo avviene soprattutto negli ultimi anni, quando le novità stilistiche elaborate dall’Occidente hanno invaso anche l’Oriente. Ma se l’Occidente ha diviso e reso inconiugabile il suo presente con la tradizione del passato, in Oriente - dove l’unione degli opposti genera l’energia che è alla base dello sviluppo del mondo, diviso tra giorno e notte, sole e luna, uomo e donna - anche vecchio e moderno possono fondersi per plasmare un nuovo linguaggio artistico.
La Corea ad esempio, paese tra i più brillanti dell’Estremo Oriente, ha rielaborato profondamente gli stimoli violenti venuti dall’ ovest. Il vento d’occidente ha travolto il messaggio artistico della penisola e i suoi effetti sono visibili un po’ ovunque, dall’architettura iper-moderna di Seoul, sempre più luminosa e tecnologica, nella musica, nel nuovo cinema di Corea che è conosciuto in tutto il mondo. Così anche nell’arte visuale. Nella pittura coreana l’unione delle due anime del paese, quella tradizionale e quella innovativa, talvolta si scontrano, talvolta invece si uniscono e creano un verbo artistico
originale. È questo il caso di Sang-Yoon Han, Mi-Sook Park, Ki-Ok Lee e Kyoung-Hee Seog, i quattro artisti che partecipano alla Mostra di pittori contemporanei coreani organizzata alla Galleria Velasquez di Milano dal Centro Ricerche Culturali tra Corea e Italia di Milano diretto da Min Sang Cho, intellettuale coreano da più di vent’anni impegnato nello scambio culturale tra Corea e Italia. Nelle opere più significative esposte, come Prima neve e Quattro stagioni di Sang-Yoon Han, si trovano temi della pittura classica coreana e orientale – i colori del paesaggio al cambio delle stagioni, l’assenza quasi totale della presenza umana, la natura ritratta con realismo “sentimentale” – e tecniche tradizionali, soprattutto l’impiego di inchiostro su carta di gelso. Eppure la modernità irrompe fortemente nei paesaggi ritratti e crea scene di contrasti capaci di inquietare come nel caso della Primavera di Seoul, dove dietro i germogli degli alberi si intravede la foresta grigia di finestre di palazzi altissimi e senza vita, i palazzi della nuova Seoul. In altre opere Sang-Yoon Han ricorda invece le tradizioni ormai scomparse della vecchia Corea rurale, come in Dalgip taewooghi (“il rogo di paglia di riso sotto la luna”) dove vediamo una scena di falò rituale al plenilunio del primo mese lunare dell’anno. Il soggetto è tradizionale, ma la tecnica e la resa pittorica sono attuali, ricordano il tocco leggero dei bozzetti e dei fumetti.
L’arte coreana è il ritratto della bellezza segreta e tragica della natura: anche nell’era della tecnologia esasperata sa coglierne la caducità e la forza. Così il contrasto tra vecchio e moderno, tra natura e tecnologia viene ricucito dall’osservazione ammirata del misterioso ciclo naturale delle stagioni.

Floriano Terrano

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