Viaggio nelle città fantasma

della Corea silente

Il paesaggio visto dal cuore

nella fotografia di Lee Kang So


A gennaio 2007 si è chiuso l’anno di Corée au coeur, un anno speciale di celebrazioni per i primi 120 anni dall’inizio delle relazioni diplomatiche tra Francia e Corea. Era il 4 giugno 1886 quando fu

stipulato il Trattato di amicizia di commercio e navigazione tra lo stato francese e la nazione coreana. Corée au coeur ha portato in tutta la Francia rassegne, spettacoli, conferenze e mostre dedicate alla cultura tradizionale e contemporanea di Corea (www.coreeaucoeur.org). S’inserisce tra queste manifestazioni anche la mostra fotografica Au-delà de la récurrencePaysage vu par le coeur (“Al di là della ricorrenza. Paesaggio visto dal cuore”) dell’artista Lee Kang So (이강소, hanja 李康昭) al Musée des arts asiatiques di Nice.
Le fotografie di Lee Kang So, tutte in bianco e nero, restituiscono uno sguardo sospeso sui piccoli mondi delle città rurali coreane. Città fantasma quelle delle sue fotografie: cortili in penombra, stipiti di porte schiuse, vicoli deserti. Nessun passante, nessun abitante: nella città che l’obiettivo di Lee Kang So stende su carta avvertiamo il respiro degli uomini, il movimento degli animali, il vento entrare nelle case ma lo sguardo si ferma di fronte alla mancanza di ogni rumore e di ogni presenza. Lee Kang So è pittore prima che fotografo. Nato nel 1943 a Daegu, fino dalle sue prime mostre collettive e personali si distingue per la sua capacità di fusione tra modelli tradizionali e moderne tendenze dell’arte visiva coreana.
Cosa spinge un pittore a usare la macchina fotografica al posto del pennello? Per Lee Kang So è

il bisogno di “disumanizzare” il più possibile il suo sguardo e renderlo naturale, neutro e oggettivo come quello dell’obiettivo. Ma il paesaggio della sua fotografia non è senza vita e freddo comepotrebbe essere quello visto dalla pupilla di uno scienziato. Il suo è un paesaggio visto dal cuore, le case che ritrae richiamano i paesaggi dell’anima, danno sensazioni che suggeriscono la presenza dello spirito. A riempire il silenzio degli ambienti è il contrasto tra i pieni e i vuoti, tra le finestre e le travi di legno delle case, tra gli alberi di un esterno luminoso e le pareti di un interno in penombra. Ma il contrasto, reso e mirabilmente evidenziato dalla scelta del bianco e nero, è ricucito nella piena e totale appartenenza e penetrazione tra uomo e natura. Le case che Lee Kang So ci mostra sono una parte stessa della natura e gli alberi che si vedono dalla finestra sono la continuazione dell’edificio all’esterno, quasi se tra le colonne dei cortili delle case e i tronchi degli alberi non ci fosse nessuna differenza. E’ questa la caratteristica che fa di Lee Kang So uno dei più importanti interpreti contemporanei del verbo della tradizione artistica coreana: come nella ceramica e nell’architettura, nella pittura come nella statuaria, l’arte di Corea ha saputo conservare l’unione tra il prodotto umano e il modello della natura. Nessuna differenza tra uomo e natura, nessun contrasto se non visivo tra ambiente naturale e ambiente umano, entrambi partecipi del mistero del silenzio e del rumore, della luce e dell’ombra, del prima e del dopo. Solo la pellicola può fermare il movimento dei frammenti davanti ai nostri occhi dandoci una visione sospesa e simbolica: è la fotografia il mezzo necessario per il messaggio di Lee Kang So.
Un messaggio di cui l’Estremo Oriente è stato portatore fino a quando, affascinato dall’esotismo occidentale, ha iniziato a cambiare i suoi modelli e a leggere nel diverso la chiave del futuro. Un futuro che però è senza vita senza la tradizione del passato.

(Images courtesy of Musée des Artes Asiatiques Nicewww.arts-asiatiques.com and Christophe Choi Seoul)

Floriano Terrano

No comments: