I Filippini nel mondo
I nostri vicini più lontani
Chi, in Europa, alla parola "filippino" non associa la professione di domestico oppure, con un neologismo resosi necessario negli ultimi anni, di badante? Ma perché i Filippini appaiono così indissolubilmente legati al focolare domestico? E’ così anche negli altri continenti dove emigrano, oppure lì trovano molte più strade rispetto a quelle che l'Europa gli offre? Degli 8 milioni di Filippini che lavorano all’estero, 105.000 vivono in Italia e formano così la comunità europea più estesa, seguita da quella della Spagna, che conta 40.000 persone. Altissimo è il numero delle donne, che rappresentano circa il 75% degli immigrati filippini. Aiutate dalle missioni cattoliche presenti nel paese asiatico, le prime donne filippine arrivarono in Italia, a Milano, nel 1964 e poi, soprattutto negli anni ‘70, cominciò un vero e proprio flusso migratorio in tutta l'Europa. La presenza del Vaticano, contrariamente a quanto si può pensare, non è il motivo principale della massiccia presenza filippina in Italia, quanto piuttosto la maggiore possibilità rispetto ad altri paesi, ad esempio gli Usa, di ottenere il visto di ingresso e il permesso di soggiorno. Spesso, infatti, l’Italia rappresenta un luogo di passaggio verso l’Inghilterra, il Canada e gli Stati Uniti.
Gli emigranti che lasciano il paese sono definiti dal governo di Manila "eroi moderni". Ma, dietro questa frase di circostanza dalle vuote risonanze retoriche, c’è la triste verità. L’eroicità dei Filippini non è nel partire, quanto piuttosto nell’accettare, pur possedendo spesso titoli di studio elevati, di ricoprire mansioni modeste e senza possibilità di sviluppo come appunto quella di domestici. Tra tutti il caso della cantante leader del gruppo Asin, molto famosa in patria, che ora fa la domestica in una casa della alta borghesia romana per mantenere la propria famiglia nelle Filippine. Le donne che lasciano il proprio paese, infatti, spediscono gran parte dei loro guadagni ai parenti, da quelli più vicini a quelli più lontani. Chi resta in patria pensa che il congiunto nel paese straniero viva nel benessere e nel lusso; è assolutamente inconscio dei mille problemi che gli immigrati devo affrontare ogni giorno. Spesso le donne, partite senza marito, dopo un periodo di permanenza nel paese straniero, tornano nelle Filippine per sposarsi giovanissime e subito dopo ripartono. In seguito, poi, anche il marito emigra per raggiungere la moglie. In queste storie di forzata distanza, si aggiunge l’ ulteriore problema dei figli che, nella maggior parte dei casi, raggiungono i genitori all’estero solo in età adolescenziale. I figli hanno visto i genitori solo poche volte e se ne sono fatti un’idea sentendone la voce per telefono; improvvisamente si trovano ad inserirsi in una nuova famiglia e in un paese straniero senza conoscerne lingua e costumi.
Poi, arrivati in Europa, si rendono conto della realtà e il rapporto con i genitori, già difficile per la lontananza, si fa di incomprensione e di contrasto. I figli che vanno a scuola in Italia non vogliono seguire le tracce dei genitori, non vogliono fare i domestici come loro. Le situazioni difficili, anche familiari, che i Filippini sono costretti ad affrontare in Europa sono presenti in tutta la loro drammaticità nel film di Olivia M. Lamasan "Milan" del 2004. La storia d’amore tra i due protagonisti Jenny (Claudine Barretto) e Lino (Piolo Pascual), entrambi immigrati in Italia, le piazze di Roma e i canali di Venezia non bastano a nascondere il gusto amaro della realtà piena di problemi dei Filippini in Italia, uno dei paesi, tuttavia, in cui possono trovare condizioni di vita migliori. I contrasti con gli altri appartenenti alla comunità e con i parenti lontani si uniscono ai buoni rapporti con gli Italiani, anche se questi due popoli rimangono diversi e distanti pur avendo qualcosa di importante in comune. Perché entrambi appartengono alla fede cattolica. Ma se guardiamo più attentamente, lo spirito religioso dei Filippini dista grandemente da quello italiano. Per i Filippini il cristianesimo porta con sé il profondo significato di riscatto sociale che aveva alle origini, per loro la messa è un rito partecipato, sofferto, con cui dare voce alla speranza di un’esistenza migliore. Gran parte dei Filippini, infatti, sente fredda e lontana dalla propria sensibilità spirituale la messa nelle chiese europee e guarda con nostalgia ai riti religiosi del proprio paese, celebrati nelle chiese barocche costruite dagli occupanti spagnoli o nelle nature churches, strutture coperte senza pareti che si legano indissolubilmente all’ambiente. Per questo spesso danno vita a centri pastorali esclusivamente per Filippini dove pregare, incontrarsi e scambiare idee. Non solo la religione però tiene unita le comunità di Filippini residenti all’estero, ma un forte sentimento di solidarietà tra connazionali emigrati. E’ quello che si chiama bayanihan, il dovere di aiuto nei confronti di tutti gli appartenenti alla comunità. Bayanihan era il termine con il quale si indicava la tradizione da parte della comunità di aiutare una singola famiglia nel trasferimento della casa in un nuovo posto. In effetti, le case tradizionali delle Filippine erano di bambù e venivano trasportate a spalla dagli uomini del villaggio. Il murale "Bayanihan" dell'artista Carlos "Botong" Francisco nell'UNILAB Administration Building a Manila dipinge questa tradizione. Il comportamento di solidarietà tra gli appartenenti alla stessa comunità, innato in tutti i popoli d’Oriente, ad esempio nei Cinesi, fa sì che ci sia una forte coesione tra tutti i membri del gruppo, spesso formato esclusivamente da Filippini provenienti da una determinata regione del paese. Così i Filippini senza permesso di soggiorno, lavoratori in nero nelle case straniere, non sono denunciati alle autorità. Ma negli Usa, il cui governo per regolamentare il flusso di immigrati paga chi denuncia gli stranieri irregolari, il bayanihan sta scomparendo e i Filippini denunciano i connazionali clandestini.
Gli Italiani, ad esempio, riconoscono ai Filippini grande onestà e gentilezza, tanto da preferirli come domestici nelle proprie case e li considerano gli immigrati più benvoluti. Se esiste qualche caso di matrimonio tra uomini italiani, in genere separati e alle seconde nozze, e donne filippine, nella maggior parte dei casi i Filippini, anche i più giovani, si sposano tra connazionali conosciuti in patria o all’estero. Insomma, sembra che in Europa i Filippini non possano aspirare a nient’altro che a fare i domestici. Eppure non è così in altri paesi, soprattutto in Usa e anche in Inghilterra, dove i titoli di studio che hanno ottenuto in patria sono riconosciuti. Soprattutto negli Stati Uniti i Filippini occupano posti importanti nella società, sono medici, infermieri, maestri e impiegati. Diverse sono le associazioni culturali di lingua e cultura nazionale, come i numerosi gruppi di attori filippini che danno vita a spettacoli teatrali che hanno tra i temi principali la vita degli emigrati all’estero, come ad esempio il Sinag-tala Filipino Performing Arts Association di Sacramento. In My Tokyo notebook, libro illustrato dalle foto di Ochida Shinya, lo scrittore filippino-americano R. Zamora Linmark ha smentito che le donne filippine presenti in Giappone lavorino solo come danzatrici e intrattenitrici nei club privati, geisha più a buonmercato di quelle locali. Se da un parte è vero che una grande percentuale dei Filippini in Giappone è costituita da giovani prostitute, bisogna anche dire che una gran numero di essi lavora, guadagnandosi da vivere come cuochi, operai, domestici, oppure studia nelle università. Pochi sanno che il karaoke, considerato da tutti un’invenzione giapponese, è invece stato ideato da un filippino, Roberto del Rosario. La "Lunar Rover", il mezzo con cui si muovevano sulla luna nel 1971 gli astronauti dell'Apollo 15, è stata progettata dal filippino Eduardo San Juan. Gli Italiani, appassionati di telefonini, non sanno che il videotelefono è una creazione che il filippino Gregorio Zara ha prodotto in America. Del resto per conoscere i Filippini non bisogna andare nelle strade trafficate di Manila, non bisogna salire su una delle jeepney, jeep militari lasciate nelle isole dall’esercito americano dopo la Seconda Guerra Mondiale e convertite dai Filippini in coloratissimi mezzi di uso civile. Si può prendere uno dei tram di Milano o Roma, per esempio, a qualsiasi ora. Mentre nella città i negozi, gli uffici, le strade si colmano di gente, le case vuote si riempiono dei Filippini che puliscono, rassettano, cucinano, spingono carrozzine. E sorridono. C’è anche chi ha detto che i Filippini siano il popolo più felice del mondo.
Gli emigranti che lasciano il paese sono definiti dal governo di Manila "eroi moderni". Ma, dietro questa frase di circostanza dalle vuote risonanze retoriche, c’è la triste verità. L’eroicità dei Filippini non è nel partire, quanto piuttosto nell’accettare, pur possedendo spesso titoli di studio elevati, di ricoprire mansioni modeste e senza possibilità di sviluppo come appunto quella di domestici. Tra tutti il caso della cantante leader del gruppo Asin, molto famosa in patria, che ora fa la domestica in una casa della alta borghesia romana per mantenere la propria famiglia nelle Filippine. Le donne che lasciano il proprio paese, infatti, spediscono gran parte dei loro guadagni ai parenti, da quelli più vicini a quelli più lontani. Chi resta in patria pensa che il congiunto nel paese straniero viva nel benessere e nel lusso; è assolutamente inconscio dei mille problemi che gli immigrati devo affrontare ogni giorno. Spesso le donne, partite senza marito, dopo un periodo di permanenza nel paese straniero, tornano nelle Filippine per sposarsi giovanissime e subito dopo ripartono. In seguito, poi, anche il marito emigra per raggiungere la moglie. In queste storie di forzata distanza, si aggiunge l’ ulteriore problema dei figli che, nella maggior parte dei casi, raggiungono i genitori all’estero solo in età adolescenziale. I figli hanno visto i genitori solo poche volte e se ne sono fatti un’idea sentendone la voce per telefono; improvvisamente si trovano ad inserirsi in una nuova famiglia e in un paese straniero senza conoscerne lingua e costumi.
Poi, arrivati in Europa, si rendono conto della realtà e il rapporto con i genitori, già difficile per la lontananza, si fa di incomprensione e di contrasto. I figli che vanno a scuola in Italia non vogliono seguire le tracce dei genitori, non vogliono fare i domestici come loro. Le situazioni difficili, anche familiari, che i Filippini sono costretti ad affrontare in Europa sono presenti in tutta la loro drammaticità nel film di Olivia M. Lamasan "Milan" del 2004. La storia d’amore tra i due protagonisti Jenny (Claudine Barretto) e Lino (Piolo Pascual), entrambi immigrati in Italia, le piazze di Roma e i canali di Venezia non bastano a nascondere il gusto amaro della realtà piena di problemi dei Filippini in Italia, uno dei paesi, tuttavia, in cui possono trovare condizioni di vita migliori. I contrasti con gli altri appartenenti alla comunità e con i parenti lontani si uniscono ai buoni rapporti con gli Italiani, anche se questi due popoli rimangono diversi e distanti pur avendo qualcosa di importante in comune. Perché entrambi appartengono alla fede cattolica. Ma se guardiamo più attentamente, lo spirito religioso dei Filippini dista grandemente da quello italiano. Per i Filippini il cristianesimo porta con sé il profondo significato di riscatto sociale che aveva alle origini, per loro la messa è un rito partecipato, sofferto, con cui dare voce alla speranza di un’esistenza migliore. Gran parte dei Filippini, infatti, sente fredda e lontana dalla propria sensibilità spirituale la messa nelle chiese europee e guarda con nostalgia ai riti religiosi del proprio paese, celebrati nelle chiese barocche costruite dagli occupanti spagnoli o nelle nature churches, strutture coperte senza pareti che si legano indissolubilmente all’ambiente. Per questo spesso danno vita a centri pastorali esclusivamente per Filippini dove pregare, incontrarsi e scambiare idee. Non solo la religione però tiene unita le comunità di Filippini residenti all’estero, ma un forte sentimento di solidarietà tra connazionali emigrati. E’ quello che si chiama bayanihan, il dovere di aiuto nei confronti di tutti gli appartenenti alla comunità. Bayanihan era il termine con il quale si indicava la tradizione da parte della comunità di aiutare una singola famiglia nel trasferimento della casa in un nuovo posto. In effetti, le case tradizionali delle Filippine erano di bambù e venivano trasportate a spalla dagli uomini del villaggio. Il murale "Bayanihan" dell'artista Carlos "Botong" Francisco nell'UNILAB Administration Building a Manila dipinge questa tradizione. Il comportamento di solidarietà tra gli appartenenti alla stessa comunità, innato in tutti i popoli d’Oriente, ad esempio nei Cinesi, fa sì che ci sia una forte coesione tra tutti i membri del gruppo, spesso formato esclusivamente da Filippini provenienti da una determinata regione del paese. Così i Filippini senza permesso di soggiorno, lavoratori in nero nelle case straniere, non sono denunciati alle autorità. Ma negli Usa, il cui governo per regolamentare il flusso di immigrati paga chi denuncia gli stranieri irregolari, il bayanihan sta scomparendo e i Filippini denunciano i connazionali clandestini.
Gli Italiani, ad esempio, riconoscono ai Filippini grande onestà e gentilezza, tanto da preferirli come domestici nelle proprie case e li considerano gli immigrati più benvoluti. Se esiste qualche caso di matrimonio tra uomini italiani, in genere separati e alle seconde nozze, e donne filippine, nella maggior parte dei casi i Filippini, anche i più giovani, si sposano tra connazionali conosciuti in patria o all’estero. Insomma, sembra che in Europa i Filippini non possano aspirare a nient’altro che a fare i domestici. Eppure non è così in altri paesi, soprattutto in Usa e anche in Inghilterra, dove i titoli di studio che hanno ottenuto in patria sono riconosciuti. Soprattutto negli Stati Uniti i Filippini occupano posti importanti nella società, sono medici, infermieri, maestri e impiegati. Diverse sono le associazioni culturali di lingua e cultura nazionale, come i numerosi gruppi di attori filippini che danno vita a spettacoli teatrali che hanno tra i temi principali la vita degli emigrati all’estero, come ad esempio il Sinag-tala Filipino Performing Arts Association di Sacramento. In My Tokyo notebook, libro illustrato dalle foto di Ochida Shinya, lo scrittore filippino-americano R. Zamora Linmark ha smentito che le donne filippine presenti in Giappone lavorino solo come danzatrici e intrattenitrici nei club privati, geisha più a buonmercato di quelle locali. Se da un parte è vero che una grande percentuale dei Filippini in Giappone è costituita da giovani prostitute, bisogna anche dire che una gran numero di essi lavora, guadagnandosi da vivere come cuochi, operai, domestici, oppure studia nelle università. Pochi sanno che il karaoke, considerato da tutti un’invenzione giapponese, è invece stato ideato da un filippino, Roberto del Rosario. La "Lunar Rover", il mezzo con cui si muovevano sulla luna nel 1971 gli astronauti dell'Apollo 15, è stata progettata dal filippino Eduardo San Juan. Gli Italiani, appassionati di telefonini, non sanno che il videotelefono è una creazione che il filippino Gregorio Zara ha prodotto in America. Del resto per conoscere i Filippini non bisogna andare nelle strade trafficate di Manila, non bisogna salire su una delle jeepney, jeep militari lasciate nelle isole dall’esercito americano dopo la Seconda Guerra Mondiale e convertite dai Filippini in coloratissimi mezzi di uso civile. Si può prendere uno dei tram di Milano o Roma, per esempio, a qualsiasi ora. Mentre nella città i negozi, gli uffici, le strade si colmano di gente, le case vuote si riempiono dei Filippini che puliscono, rassettano, cucinano, spingono carrozzine. E sorridono. C’è anche chi ha detto che i Filippini siano il popolo più felice del mondo.
Floriano Terrano
Filipino people abroad
Our furthest neighbours
European people generally think about Filipinos as servants or maids. But why in Europe Philippines’ people can only work as servants? Is it the same also in other countries where they emigrate or not? Filipino people who work abroad are 8 millions; in Europe most of them are in Italy - about 105.000 people – and in Spain, where 40.000 Filipinos live. 75% of Filipino immigrants are women. The first Filipino women came to Europe - to Milan, Italy – in 1964. Catholic missions in Asia helped them to come to Europe and to find a job. In the 70ties the mass migration from the Philippines began. Philippines’ people came to Italy because there they could easily get visa and permit to stay. Often they left Italy to go to other countries like England, Canada and Usa where they can work as teachers, employees, doctors etc. Usa are indeed the “dream” of lots of Filipino emigrants. But now it is very difficult for them to get the visa to work in America.
Manila government calls emigrants “modern heroes”. These rhetorical words try to hide the sad truth of Philippines’ immigrants. Filipinos who work abroad are really “heroes”, not because they left Philippines but because they do every kind of job even if they studied at school and graduated. For example the female singer of the Asin, very famous in the Philippines, is now working as a maid for an Italian family in Rome. Filipino women who work abroad send most of their salary to their parents and relatives in Philippines. Their parents in Philippines think that immigrants are rich and they don’t know problems that immigrants have abroad. Young women who left the Philippines often come back to their cities to get married and straight after they come abroad again. Sometimes husbands go abroad too to live with their wives. Their children generally stay in the Philippines till adolescence and after they leave to live with their parents abroad. For this reason, immigrants’ children have often hard relationships with their parents and they have problems to get into a new country and society too.
The plot of the movie “Milan” by Olivia M. Lamsan (2004) reveals all the problems of the Filipino immigrants in Italy. The squares of Rome and the canals of Venice are the background of the love story between Jenny (Claudine Barretto) and Lino (Piolo Pascual). But the problems of Filipino people abroad can’t be forgotten by the beauty of Italy, even if they could find good life conditions there. In fact Filipinos have good relationships with Italian people. Filipino and Italian people have in common the religion: they’re both Catholic. Christianity for most of Filipino people is the hope of a future better life. For this reason, they miss Philippines’ Spanish Baroque style churches and the "nature churches", religious buildings without walls in which believers can feel the deep relationship between religion and nature. In Italy there are some religious communities constituted only by Filipino people in which they meet together and exchange opinions and ideas. Not only religion is the link between Filipinos abroad but also a feeling of solidarity called bayanihan. The word bayanihan means the duty of giving help to members of the same community. The origin of bayanihan is in the villages of Philippines; when a family moved to a new place, all the neighbours participated shouldering things and the bamboo house. The mural called “Bayanihan” by the Filipino artist Carlos “Baton” Francisco in the Unilab Administration Building of Manila gives the best visual representation of bayanihan. In the Usa bayanihan in Filipino communities is quickly disappearing because American new immigration laws are very strict against clandestines and Filippino people use to report immigrants without permit to stay in exchange for a reward. Italian people think Filipinos are honest, kind and hard-working. Filipinos are certainly the most well-liked immigrants in Italy and some Italian men have married Filipino women too. Besides it is not necessary to fly to Manila to see Filipino people, we don’t need to get on the Philippines’ multicoloured jeepney to meet them. We can get on every public transport of Milan or Rome at every hour, for example. While in the cities the shops, the offices, the roads are crowded of Italian people, Filipino people start to work in the empty houses and they do the cleaning, they tidy up, they cook, they attend to children…and they do that smiling. Someone in fact said Filipinos are the happiest people in the world.
Floriano Terrano
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