Coreani senza Corea


Viaggio nel mondo
delle Koreatowns


Le Coree non sono solo due ma ce ne sono altre cento e più perse nel mondo. Da Est a Ovest, le comunità dei coreani all’estero si distinguono per i loro colori, odori, sapori che ricordano quelli della madrepatria. Come accade in tutte le società di emigrati, nelle Koreatowns si conservano tradizioni che in Corea stanno quasi per estinguersi. Tuttavia tra le comunità asiatiche, le coreane hanno una maggiore vitalità, grazie ai numerosi giovani e studenti che ogni anno vanno ad aggiungersi ai coreani all’estero portando le novità e i cambiamenti della penisola coreana. Viaggiamo allora alla scoperta dei gyopo (교포) o dongpo (동포), i coreani all’estero. Iniziamo dall’Asia.
Già da tempi antichissimi (V-VI sec.) è attestata la presenza di Coreani in Giappone. Il Buddhismo fu portato nel Sol Levante da monaci coreani, la scultura, la letteratura, persino la grammatica giapponese risentono fortemente dell’influsso degli artisti e dei letterati del Paese del Calmo Mattino. La porcellana in Giappone è nata dalle abili mani dei ceramisti coreani, deportati nel Kyushu dalle truppe giapponesi dopo le tentate invasioni della Corea del 1592 e del 1598. Attualmente in Giappone vivono circa 900.000 persone di origine coreana, formando così la più numerosa comunità straniera del Sol Levante. Sono soprattutto coreani zainichi (在日, "colui che sta in Giappone"), che conservano la cittadinanza della madrepatria. Ma i giapponesi di origine coreana probabilmente sono molti di più. Basta pensare al fatto che durante l’occupazione nipponica della Corea, tra il 1910 e il 1945, più di 2.300.000 coreani furono portati in Giappone e costretti a lavorare nelle fabbriche. Difficile la vita per i gyopo in Giappone; oggetto di disprezzo, di esclusione, di emarginazione, hanno però saputo trovare una loro dimensione e un loro ruolo. Oggi una delle più interessanti e innovative scrittrici giapponesi è Yu Miri (유미리, 柳美里), nata da genitori coreani, autrice di libri senza peli sulla lingua sulla società giapponese contemporanea. E poi una leggenda: la più grande cantante dell’enka giapponese, Hibari Misora, la "regina dell’Epoca Showa", sarebbe nata a Yokohama da famiglia coreana. Ma i Giapponesi hanno subito negato la veridicità di questa notizia.

La più grande Koreatown giapponese si trova a Osaka a Tsuruhashi (
鶴橋, “ponte della gru bianca”). Costituita prevalentemente da emigranti dell’isola Jeju, è frequentatissima da giapponesi amanti della cucina e della cultura coreana. Già, perchè se da un lato continua l’odio antico tra Giapponesi e Coreani, dall’altro la Corea e in particolare gli attori del cinema coreano stanno vivendo un periodo di grande popolarità in Giappone. Anche a Tokyo, nella cosmopolita Shinjuku, esiste una Little Korea, dove vivono prevalentemente nuovi immigrati, dediti per lo più al commercio.
In Cina gli chaoxianzu (朝鲜族), minoranza coreana molto antica, abitano la provincia Jilin, nel Nord-Est, nella Prefettura Autonoma di Yanbian. Di recente, il richiamo del business ha portato numerosi coreani a trasferirsi in Cina, soprattutto nell’area di Shanghai; già da anni Hong Kong ospita una piccola ma ricca Koreatown a Kimberley street nel quartiere Tsim Sha Tsui.
Quasi 100.000 coreani risiedono nelle Filippine e ogni anno sono tanti gli studenti che vanno a studiare nelle ottime ed economiche scuole di inglese filippine. Molti pensionati lasciano l’inquinamento di Seoul e cercano un po’ di tropici stabilendosi nelle Filippine. Una attrice e cantante amatissima nelle Filippine è Sandara Park, nata a Pusan e trasferitasi con il padre uomo d’affari nelle Filippine, una delle protagoniste assolute degli schermi della televisione nazionale di Manila. Grande successo hanno anche le "Koreanovelas", teledrammi d’amore seguitissimi dalle ragazze filippine.
Anche la parte estremo-orientale della Russia, vicina alle Coree, ha numerose comunità coreane; un esempio su tutti, il dittatore della Corea del Nord Kim Jong-Il è nato a Vyatskoye, in Russia, dove suo padre Kim Il-Sung aveva combattuto tra le fila dell’Armata Rossa. In Oceania la più grande comunità coreana è in Australia, a Sydney.
Spostiamoci in America. Nel Sud, i coreani sono numerosi soprattutto in Brasile, Argentina e Messico. In Canada, a Vancouver e Toronto, ci sono due importanti Koreatowns. Ma la più
grande comunità coreana all’estero è quella negli Usa, dove si è registrato un primo flusso migratorio nel 1903, quando alcuni coreani giunsero nelle Hawaii per lavorare nella raccolta della canna da zucchero. In seguito si spostarono fino a San Francisco, la porta d’Oriente degli Stati Uniti dell’Ovest dove giunsero la maggior parte degli altri immigrati asiatici, cinesi e giapponesi soprattutto. Durante l’occupazione nipponica della Corea l’immigrazione di coreani negli Usa si arrestò, per riprendere dopo il 1953, con la fine della guerra di Corea, e soprattutto dopo il 1965, quando con l’Hart Cellar Act si eliminarono le quote dell’immigrazione raziale negli Stati Uniti. La comunità coreana statunitense conta 2.000.000 componenti circa; a questi si devono aggiungere i numerosi bambini coreani adottati da famiglie americane dopo la guerra del 1950-1953. Le più importanti Korentowns negli Usa si trovano a Baltimora, Dallas, Philadelphia, Oakland, New York, Chicago ma la più grande – e anche la più vasta e famosa del mondo- è quella del Wilshire Center a Los Angeles, che conta quasi 190.000 persone. Karaoke, bar, ristoranti, supermercati, parrucchieri le cui insegne sono scritte in hangul. Koreatown a Los Angeles ha vissuto momenti di splendore e di miseria. Il periodo più difficile è stato all’inizio degli anni ’90 dello scorso secolo quando in seguito alle numerose prevaricazioni e prepotenze subite dalla comunità coreana - che presenta il più basso tasso di criminalità- da parte delle minoranze latine e africane, Soon Ja Du, commessa di un negozio di alimentari coreano, sparò contro l’adolescente di colore Latasha Harlins ferendola a morte. Seguirono quasi dieci anni di guerriglia, incedi a negozi coreani e saccheggi vari fino alla rinascita dell’inizio del 2000, con l’arrivo di altri giovani immigrati dalla Corea. La vita notturna della Koreatown di Los Angeles è infinita: qui è impossibile dormire, troppi divertimenti, troppe tentazioni. Il 13 gennaio si festeggia in America il Korean American Day, giorno dedicato al supporto degli immigrati coreani agli Usa.
Eccoci arrivati in Europa. A Londra c’è l’unica Koreatown europea, New Malden, nel Sud-Ovest, in Germania si registra una forte presenza di coreani, soprattutto nell’area commerciale di Frankfurt. Il nostro viaggio tra i Coreani senza Corea finisce in Italia. Qui la comunità coreana è una delle più numerose, e tantissimi sono gli studenti, di arte e musica soprattutto, che ogni anno scelgono l’Italia. L’importante è conservare le proprie radici, la propria cultura. In un mondo che ogni giorno diventa sempre più uguale e grigio, bisogna davvero sperare che non scoloriscano le insegne delle Koreatowns, così come quelle di ogni altra diversità culturale.

Floriano Terrano

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